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Evviva il Carnevale! Tras-raf-figurato dalla pittrice Ilze Jaunberga

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30 SETTEMBRE/30 OTTOBRE A RIGA IN LETTONIA

Curatore: Inga Steimane
Sede: Riga Art Space / RIGAS MAKSLAS TELPA / Kungu iela 3 (zem Rātslaukuma)

Patrocini italiani: Fondazione Museo “Venanzo Crocetti” Roma – Compagnia De Calza “I Antichi” Venezia
Sponsor: Berengo Studio Murano Venezia
Catalogo trilingue (lettone, inglese, italiano) con testi di Inga Steimane e Enzo Rossi-Ròiss
Organizzazione: Associazione Culturale Italo-Baltica.
http://kultura.delfi.lv/news/art/rigas-makslas-telpa-bus-apskatama-ilzes…
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Qui di seguito il testo di Inga Steimane.
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“… e ci sono pochi quadri che meritano di essere visti”: ancora una volta Ilze Jaunberga (1978) mi fa ricordare ciò, quando parliamo dell’arte. Dopo averglielo sentito dire, guardiamo più da vicino la creatura che è evidente in tutti i suoi quadri: con questa testa liscia simile a una bambola priva dei capelli che potrebbe svelare un segreto.
Perchè vaga come fosse stata cacciata dalla comunità e… che cosa osserva? Sarebbe interessante sapere.
Chi è colpevole di questa identità sintetica, di questa mutazione, e che cosa è stata prima?
Lo sguardo sonnambolico si rivela contagioso, con ciò che cerchiamo di indovinare – il punk non commerciabile, il modello o la diva del pop? – si guarda attorno. Così lo spettatore guarda i quadri di Ilze Jaunberga per un certo periodo a distanza, senza avvicinarsi.
Come tutte le forme architettoniche e corporee dipinte in maniera sofisticata, le forme e i corpi dipinti dalla Jaunberga risulterebbero generate da un qualche pazzo esercizio surreale professionale e nello stesso tempo costituiscono una pesante responsabilità, portando il dovere difficilmente comprensibile delle abilità e competenze regalate da Dio.
Che cosa fare?
Prendere se stesso per la nuca come Münchhausen e lanciarsi nello spazio spettrale del quadro, dove diventi più perplesso dall’indicazione chiara: Casa di Giuletta (2006)?
Aspettare quando qualcuno ti inviterà?
La teatralità di Ilze Jaunberga, che per lungo periodo è sembrata chiusa agli estranei (2002-2009), negli ultimi tempi è diventata più accessibile, più libera, nonostante rimangano gli schemi delle immagini e il flusso spaziale dei quadri, e l’imbuto compositivo dello spazio minacci di assorbirci come prima. Essenzialmente, i quadri sono monocromi, però, e il rosso aggressivo, che regnava prima, è stato cambiato dal tono dorato delle albicocche.
Nelle opere che sono datate con l’anno 2010 ha dipinto il carnevale: il vero carnevale di Venezia, la festa delle maschere. Le persone mascherate creano mascherate creano i gruppi delle figure personificate, e ciò differenzia queste opere dalle precedenti. Ci sono i ritratti di alcuni Compagni De Calza e ci sono i nomi che ci aiutano a comprendere meglio i quadri, quando si leggono nella sua bio-bibliografia. E ci sono i racconti dell’elenfaticidio alla fine del carnevale 1819 o delle muche. Le immagini si doppiano, triplicano e volano: non c’è di che sorprendersi, questo tipo di surrealismo non disturba più nessuno. Qui la testa liscia di bambola si armonizza insieme con gli altri. Ma chi si cela sotto la maschera? C’è qualcuno là?
Il geniale Leonardo (1452-1519), che credeva fanaticamente nella forza dell’illusione del quadro, convinto com’era che nel quadro si possano rappresentare precisamente gli effetti della natura, è uno dei Grandi nelle cui opere Ilze Jaunberga si riconosce. E riguarda ciò come la natura sovrana da studiare. Così, per esempio, “Donna con ermellino” (circa 1490) dipinta più di cinquecento anni fa diventa un d’aprés di Ilze Jaunberga nel 2003. La dipinge tutta, eccetto la testa. L’ermellino, il vestito e lo sfondo scuro si trasferiscono nel suo quadro come una copia appropriata, praticamente senza cambiamenti, tranne la faccia del quattrocento.
La Jaunberga emblematizza la sua pace spirituale e il suo canone di bellezza classica con il suo segno divenuto logotipo– la faccia, che è evidente nei suoi quadri già da nove anni. La bambola, la maschera, il segno canonizzato – questi concetti nascono come sinonimi della faccia, senza la quale non è pensabile o riconoscibile nessuno dei suoi quadri.
Anche altre denominazioni pian piano nascono – per esempio, readymade o design. Queste ultime particolarmente ci lasciano riguardare la faccia nominata come produzione separata.
Sono particolarmente molto interessata alla rivelazione e determinazione degli elementi di readymade nella pittura contemporanea. Sicuramente non assomigliano affatto alle produzioni dichiarate arte dal progenitore dell’arte moderna Marcel Duchamp (1887-1968). Però il fondamento concettuale di readymade – prendere il materiale pronto e coinvolgere, così rendendo la struttura dell’opera e la sua unicità più complicata – secondo me, è comprensibile: spesso anche se la struttura della produzione separata confluisce con il resto, come appare anche nei quadri della Jaunberga.
La Jaunberga dipinge la produzione in modo simile come tutto il resto di ogni suo quadro – sulla stessa tela con gli stessi colori ad olio e con le sue mani. Però esiste una nuance: per questa faccia viene usato un modello speciale ed esattamente ciò diventa la prova regina, esaminandola come readymade.
Non ho provocato invano all’inizio l’immaginazione sulla biografia della faccia vagabonda – il punk difettoso o il modello, o il protagonista di videoclip. Potevo immaginare qualcosa migliore, persino “Alice nelle città” (Wim Wenders), forse i viaggiatori etnografici del mondo come Honza o Spriditis. Però questi pensieri di alto valore culturale sembrano inutili, perchè Ilze Jaunberga non ha complessi originati dai danni provocati dalla cultura pop e sottocultura. Completamente il contrario. Niente disturba il suo bel talento virtuoso e accademico di accostare la tela, persino dipingere diverse sfumature in trance accompagnata uditivamente alla diva del pop tedesco Sandra Close to Seven.
La riconoscibilità modernamente industriale dei criteri estetici della faccia schematizzata non è discutibile: il trucco sottolineato e i contorni degli occhi drammaticamente grandi, la modellazione del cranio sinteticamente liscio e con il chiaroscuro pensato, le labbra increspate in forma rotonda vagamente schematiche (“per risparmiare il tempo”) e aggiungere nei quadri accanto agli altri per ottenere l’effetto voluto con le pupille non vedenti, che sono così grandi e nere come dopo la visita all’oculista.
L’estetica della faccia è pronta. È illustrata come nei prodotti offerti dall’industria e Ilze Jaunberga secondo questa ricetta costruisce l’immagine. Anche Leonardo sceglieva gli effetti, li cercava, quando diceva che è meglio dipingere la persona durante il giorno nuvoloso o di cattivo tempo, non quando il sole splende, o durante la sera, “quanta tenerezza e raffinatezza si può percepire nelle facce umane in questo tempo”.
A proposito dei colori. In questa questione Ilze Jaunberga è d’accordo con la moda del quattrocento, la quale riconosce che i giochi di colori non sono l’aspetto più importante della pittura: sono importanti la rappresentazione della forma e l’atmosfera, che, secondo lei, deve essere “tanto bella e emozionante come il tramonto”. L’artista ha simile atteggiamento verso i colori. Come Leonardo, quando nel suo Trattato scrive: “[..] ma i colori onorano soltanto quelli che hanno creato loro, perchè nei loro non c’è niente altro da ammirare, soltanto la loro bellezza, e la bellezza di colori non è il merito d’artista, ma il merito di quello chi ha creato loro. La persona [nel quadro] può essere vestita nei colori brutti e comunque può sorprendere quelli che osservano con l’illusione di rilievo.” E la pittura con il colore bianco, che anche caratterizza le opere di Ilze Jaunberga, fa ricordare l’architetto e l’umanista Alberti (1404-1472), che considerava che una terza parte dell’opera dovrebbe essere fatta bianca per fare tutta l’opera sembrare… allegra e comparescente.
“Non c’è il fondamento per il pessimismo,” nel 1983 diceva Karl Popper (1902-1994) ed era molto sconvolto da ciò che nella gente era inculcato e vissuto nel mondo cattivo e bugiardo. “Vedo il pericolo più grande nel pessimismo, cioè, nei tentativi continui di convincere la gioventù che loro vivono nel modo cattivo”, dice Popper e mi fa ricordare l’umanità dei quadri di Ilze Jaunberga che è pietrificato nei tratti e che guarda il mondo in modo cauto – se non è stata la vittima dell’inculcamento di questo tipo. Là, sotto la maschera, dovrebbe esserci qualcosa. Popper vuole che comprendiamo e invita la nostra mente: “Guardando storicamente, noi (questa è la mia opinione) viviamo nel mondo migliore che sia esistito. Certo, questo è il mondo cattivo, perchè esiste migliore, e la vita ci incita a cercare il mondo migliore. E dobbiamo continuare questa ricerca del mondo migliore”.
Evviva Carnevale!
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La mostra personale di Ilze Jaunberga “Evviva Carnevale!” nello Spazio Arte di Riga è costituita da 18 quadri (alcuni costituiti da due, altri da quattro tele 120×100 cm), che sono stati dipinti nel periodo 2009-2011. Questa è la sua prima mostra personale a Riga. Dal 2005, l’anno in cui ha conseguito la laurea magistrale in pittura dall’Accademia d’Arte di Lettonia, ogni anno alla fine di febbraio o all’inizio di marzo – questo dipende dal digiuno quaresimale nel calendario della chiesa cattolica – partecipa al carnevale di Venezia. L’artista ha delle strette amicizie con una delle più antiche associazioni delle tradizioni del Carnevale di Venezia – la Compagnia de Calza “I Antichi“. Vivendo, come Ilze Jaunberga dice ”questa festa ipnotica, la sua atmosfera fantasmagorica e surreale“ insieme con la Compagnia de Calza “I Antichi“, dopo lo dipinge. Nei suoi quadri sono raffigurati i protagonisti principali di questa associazione: particolarmente quelli che organizzano il ballo più splendido del carnevale “La Cavalchina“, che ha luogo a conclusione del carnevale nel teatro dell’opera di Venezia “La Fenice“.
“Quello è un mondo con le sue regole del gioco. Per ogni maschera antica esiste il codice di comportamento. Il paradossale, l’illusorio, l’improvvisazione, la teatralità, la civetteria con la morte sempre esistente nell’estetica del carnevale di Venezia, più l’allegria infantile”. Ilze Jaunberga descrive la sua esperienza e ammette che l’incontro con “i veneziani più veri” è stata fatale per lei, perchè l’estetica del carnevale di Venezia l’ha affascinata dall’infanzia così evidentemente, che quando ha cominciato a soggiornare in Italia e frequentemente a Venezia, un’amica d’infanzia le ha detto e fatto ricordare: “Da quando ti ricordo, sempre hai parlato di Venezia e del carnevale di Venezia”.
Dal 2004 Ilze Jaunberga crea la sua carriera professionale in Italia, grazie allo sostegno e lavoro di produttore e manager dell’arte Enzo Rossi-Ròiss. Principalmente dipinge a Riga, però nell’ultimo tempo anche a Venezia e in altre città, dove si reca frequentemente.
Leonardo non è l’unico maestro che Ilze Jaunberga ha studiato per dipingere d’aprés e dipinto, ha dipinto anche quadri d’aprés Botticelli, Raffaello e Giotto. Nello studio dell’artista si trova la monografia di Vermeer aperta al quadro La donna con la bilancia (1662-1664).
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Written by rossiroiss

ottobre 27th, 2011 at 3:17 pm

Posted in Italo-Baltica News

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